Noah Hawley
Prima di cadere
(Einaudi Stile Libero big) pag.463
Traduzione di M.Rossari
È cosa rara oggi imbattersi nella lettura di un romanzo che abbia la portata coinvolgente di una (avvincente) serie televisiva. E allora viene da chiedersi se questo rovesciamento di ruoli, questo prevalere del tubo catodico (in realtà ormai rimpiazzato dall’“etere”) sulla carta stampata debba essere poi così tanto scontato e accettato aprioristicamente. Dopo aver letto "Prima di cadere", la mia risposta è: no. Infatti Noah Hawley (New York, 1967, scrittore, sceneggiatore, produttore televisivo e compositore, a qualcuno forse già noto per aver creato la serie tv Fargo) ha scritto un romanzo travolgente, dal ritmo incalzante e dal quale è difficile staccarsi, come è accaduto anche a Michael Cunningham e a James Patterson, che ha confessato di averlo “divorato in un giorno”. "Prima di cadere" prende le mosse la sera del 23 agosto 2015, a bordo di un jet privato che, sedici minuti dopo la partenza da Martha’s Vineyard in direzione New York, precipita nell’acque dell’oceano. Due i sopravvissuti: Scott Burroughs, pittore fallito, e il piccolo JJ, 4 anni, che riescono a raggiungere miracolosamente la terraferma dopo una notte in mare. A ognuno degli altri nove passeggeri del velivolo è dedicato un capitolo del libro: così a David, Maggie e Rachel Bateman, familiari di JJ; a Ben e Sarah Kipling, amici dei Bateman, gentilmente invitati a usufruire del jet privato per fare ritorno in città; all’israeliano Gil Baruch, guardia del corpo dei Bateman; a James Melody, pilota, Charles Busch, copilota, Emma Lightner, hostess. Ognuno di loro ha portato con sé sul fondo dell’oceano qualche segreto, qualcosa di inconfessabile, qualcosa di cui vergognarsi e di cui avere paura: David Bateman era un potente e ricco manager televisivo, personaggio pubblico che, in quanto tale, aveva ricevuto minacce di varia sorta, coinvolgenti anche la propria famiglia; Ben Kipling sarebbe stato arrestato la mattina successiva il previsto (e mai avvenuto) atterraggio a New York per sospetti illeciti con stati “nemici” degli USA… Scott Burroughs passa in breve dall’essere considerato un eroe, per aver tratto in salvo il piccolo JJ (che ora si ritrova beneficiario di un’eredità colossale) all’essere visto come il sospettato numero uno in dipendenza anche del fatto che le sue opere pittoriche abbiano per soggetto incidenti, disastri e catastrofi (e poco importa che avesse raffigurato tali scenari per anni, senza quasi mai essere preso in considerazione e sempre anelando quella svolta che gli avrebbe consentito di diventare qualcuno all’interno della selvaggia giungla artistica newyorkese). Altri personaggi di un certo spessore ma di diverso livello di gradimento e simpatia sono il giornalista Bill Cunningham, collega piuttosto ostile di Bateman, che ora si accanisce incessantemente contro Burroughs, Gus Franklin, ingegnere del Consiglio per la sicurezza dei trasporti nazionali, abituato a risolvere tutti i problemi (anche quelli legati ai rapporti interpersonali) “con la riparazione o la sostituzione di un componente” ed Eleanor Greenway, zia di JJ, che ora si ritrova a dover gestire non solo un patrimonio per lei inimmaginabile, ma anche un figlio che farà di lei una madre pur senza esserlo biologicamente. Dalla lettura di queste pagine emergono in maniera altalenante e frammentaria sentimenti ed emozioni quali il panico e la disperazione (che Hawley definisce, in maniera azzeccata, “cugini”), la sofferenza e la forza di ricominciare, pur nella tragedia (magari attraverso l’esternazione di forme d’arte insolite), la fragilità e la solidarietà tra personaggi ultimi e abbandonati a sé stessi. Perché, in fondo, ha ragione Hawley quando scrive che «le vite che viviamo sono piene di buchi».
LAURA DE BERNARDI: ho quarant’anni e, da quando ho cominciato a leggere, non ho mai smesso. Sui miei scaffali trovano posto, uno accanto all’altro, senza darsi troppo fastidio, tra gli altri, Wilkie Collins e Stephen King, Cesare Pavese e Chaim Potok, Philip Pullman e Irvine Welsh, John Steinbeck e Roald Dahl, Jack Kerouac e J.K. Rowling… Scrivo, per lo più di libri e letture, e adoro farlo: amo le parole e attribuire alle stesse la giusta importanza e il peso appropriato.