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Jonathan Safran Foer


Eccomi

( Guanda) pag.666 euro 22.00

Traduzione di Irene Abigail Piccinini

La famiglia, l’amore e il tradimento, la fede e il disincanto, l’umorismo e la tragedia nella nuova imponente opera di Jonathan Safran Foer, affresco contemporaneo della classe media sulle tracce della tradizione del Grande Romanzo Americano.

Una volta, da qualche parte, ho letto che una lama a doppio taglio “quando entra lacera e quando esce squarcia”. La scrittura di Jonathan Safran Foer è esattamente così: lacera l’anima e squarcia il cuore. È stato così fin dai tempi di Ogni cosa è illuminata (2002); lo è stato anche per Molto forte, incredibilmente vicino (2005); riconfermandosi tale a distanza di undici anni con il recentissimo Eccomi (2016). In quest’ultimo lavoro di Safran Foer non si avverte quella che solitamente è una distanza che risulta ancora invalicabile tra cultura americana ed europea, una distanza che talvolta può inibire la capacità di immedesimarsi fino in fondo, non solo in un romanzo, ma finanche nei personaggi che lo abitano e lo vivono. Tra le brevi recensioni sul retro copertina una dice :«A chi chiederà come eravamo nel 2016, dovremmo far leggere Eccomi di Jonathan Safran Foer»; ed è veramente così perché, anche se tra noi e gli Stati Uniti d’America ci sono un oceano e un abisso socio-culturale, in questo libro si ritrovano argomenti e aspetti che oggi appartengono fino in fondo anche a noi “europei”: dall’utilizzo, talvolta improprio e al limite della dipendenza, delle nuove tecnologie al mondo degli avatar e al suo correre su binari paralleli alla vita reale, quella di tutti i giorni; dai legami famigliari (con quattro generazioni di Bloch che ci accompagnano praticamente per tutta la durata del libro - e 666 pagine non sono poche -) al ricorso ad aiuti psicologici che vengono sempre meno visti con diffidenza e sempre più ricompresi nella quotidianità.

Eccomi prende lo spunto dalle vicissitudini di una famiglia “normale” (con una bella casa e un cane, Argo), in cui il maggiore dei tre figli, Sam, vicinissimo al proprio Bar Mitzvah, è accusato dal rabbino di avere scritto un biglietto con una serie di irripetibili insulti razzisti; in cui i genitori (Jacob e Julia, sceneggiatore lui, architetto lei), prendendo atto della propria ormai solo presunta felicità, giungono alla conclusione di separarsi; dove il nonno paterno (Irving) è una presenza imbarazzante (a tratti ricorda Donald Trump) e il bisnonno (Isaac), in punto di morte, esprime il desiderio di essere sepolto in Israele, terra da lui fino a quel momento pressoché ignorata; a tutto ciò si aggiunge la visita di alcuni cugini provenienti da Israele e un devastante terremoto che colpisce il Medio Oriente. Jonathan Safran Foer (Washington, 1977) si riconferma scrittore rivoluzionario, un ebreo capace di (auto) ironia; un incendiario della religione; un uomo che dubita e vacilla cercando di restare fedele a sé stesso, alla propria famiglia, ai propri figli sacrificando tutto per essi; uno scrittore che logora i personaggi a cui ha dato vita fino a spolparli nel tentativo (perfettamente riuscito) di renderli tanto fragili e simili a noi.

Abile, acuto, intelligente, capace di far convivere nello stesso romanzo cose e argomenti articolati e nello stesso tempo sintetizzati in frasi apparentemente incompatibili come:“ Non puoi impedire alle cose di succedere. Puoi solo scegliere di non esserci…”oppure “Anche non avere scelta è una scelta” o ancora “I Siriani impareranno presto che la strada che porta da Damasco a Gerusalemme va anche da Gerusalemme a Damasco!”. Eccomi è un libro che affida a chi lo legge un monito: quello di vivere intensamente e fino in fondo, alla ricerca di una felicità semplice e senza troppe pretese, quella felicità che è proprio dietro l’angolo.

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