Sarathy Korwar
DAY TO DAY (Ninja Tune) CD-LP
Sulla rotta atlantica degli schiavi si conosce praticamente tutto, poco invece si sa riguardo ai circa quattro milioni di africani che sono stati forzatamente deportati da arabi e ottomani prima e portoghesi, olandesi e inglesi successivamente attraverso l’oceano indiano.
Durante questi periodi ci fu anche una migrazione volontaria di commercianti, soldati e pellegrini musulmani provenienti da Egitto, Etiopia, Somalia e Sudan che si insediarono nelle regioni tra India e Pakistan dando forma ad una consistente comunità di origine africana.
Alla fine della schiavitù e del colonialismo, questa massa di persone si è progressivamente dispersa, mischiandosi ad altre culture con poche eccezioni come quella rappresentata dai Sidi, comunità ormai ridotta a circa 70.000 persone, perlopiù concentrata nelle zone rurali del Gujarat. Ormai dopo secoli nel continente indiano i Sidi hanno abitudini, lingua e cibo locale mentre mantengono radici forti con la propria storia attraverso la musica e la danza. Canti e balli che con tutta probabilità discendono dallo stile Ngoma dei Bantù dell’Africa subsahariana, punto d’inizio dell’esplorazione musicale di Sarathy Korwar, percussionista di origine indiana cresciuto sotto la guida di maestri tablaisti come Shri Rajeev Devasthali e Pandit Sanju Sahai e affinatosi a Londra focalizzando la sua attenzione sulla fusione ritmica tra la musica classica indiana e le percussioni africane.
Sarebbe riduttivo confinare però l’esperienza musicale di Sarathy Korwar alla musica etnica visto le collaborazioni di questi anni con autentici giganti del Jazz e dell’improvvisazione come Karl Berger e Shabaka Hutchings e l’interesse sempre crescente nei suoi confronti di personaggi importanti dell’elettronica come Fourtet e Floating Points e di storiche etichette di riferimento come Ninja Tune. Proprio la gloriosa label inglese in collaborazione con la Steve Reid Foundation stampa questo clamoroso "Day to Day", incredibile commistione di Field recordings effettuate direttamente nei villaggi e successive sessioni in studio a Pune e a Londra. Voci e percussioni rappresentano l’ossatura dell’intero lavoro, con una band in grado di amalgamare la poliritmia africana con la tradizione indiana in un collage di stile che trova presto un linguaggio comune grazie anche ai contributi fiatistici di Shabaka Hutchings e Arun Gosh e della incredibile multi strumentista sudafricana Cara Stacey.
Il drumming potente di Bhajan, la spiritualità della coltraniana Bismillah, i profumi indiani delle tabla di Dreaming, il ritualismo di Eyes Closed, il misticismo Sufi di Karam sono solo alcuni dei tesori celati da questo meraviglioso disco che “giorno dopo giorno”si rivela in tutta la sua bellezza.