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Jóhann Jóhannsson


ORPHÈE (Deutsche Grammophon) CD/LP Universal Distr.

Nel 2002 l’etichetta inglese Touch, una delle più innovative label rivolte alle avanguardie elettroniche (Biosphere, Mika Vainio, Ryoji Ikeda, Fennesz), stampava l’esordio di Jòhann Jòhannsson, giovane compositore islandese.

"Englabörn" rimane ancora oggi un capolavoro di musica da camera rimanipolata e processata attraverso una sensibilità nuova, applicando il background elettronico all’esperienza acustica. Nemmeno a quel tempo Jòhann Jòhannsson rimaneva insensibile al fascino della mitologia, intitolando la prima traccia all’Odi et Amo di Catullo. A distanza di quindici anni la fama dell’artista è cresciuta in maniera vertiginosa, firmando importanti colonne sonore come “Sicario, “La teoria del tutto” e “Prisoners”, fino a ottenere un contratto con la storica Deutsche Grammophon, seguendo in qualche modo le orme del pianista e compositore austriaco Max Richter.

"Orphèe", ispirato alle narrazioni di Ovidio è un percorso dalle tenebre alla luce, dalla morte alla rinascita fino al cambiamento. Così anche il processo artistico attraversa diverse modalità, dalle radio frequenze in onde corte che accompagnano un quintetto per pianoforte come nella traccia d’apertura Flight from the city all’orchestrazione di scuola baltica di A Song for Europa, echi di minimalismo alla Steve Reich nell’organistica The Drowned World cedono il passo al gusto barocco del violoncello solo di A Deal with Chaos.

Le struggenti melodie della Air Lindhurst String Orchestra riportano alla mente le pagine più suggestive di compositori come Arvo Part e Erkki-Sven Tüür e quando accompagnate dal pianoforte, come nella cantabilità Lisztiana di By the Roes, and by the Hinds of the Field riescono a sfiorare addirittura influenze tardo romantiche. Al Dirac Quartet viene affidata la sublime The Radian City, la misterica The Burning Bridge e la fosca melodia di De Luce et Umbra, un attimo prima di ribaltare le prospettive con le speculari Good Morning, Midnight e Good Night, Day , portando finalmente alla luce il personale processo di mutamento di Jòhann Jòhannsson attraverso l’Orphic Hymn affidato alla conduzione di Paul Hillier e alle incantevoli voci del Theatre of Voices, trionfo di bellezza e armonia di una incantevole opera d’arte.

 
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