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Ryley Walker


GOLDEN SINGS THAT HAVE BEEN SUNG (Dead Oceans) CD-LP Distr: Goodfellas

Solo due anni fa, “all Kind of You” aveva fatto conoscere agli appassionati la scrittura intima e personale di questo giovanissimo cantautore dell’Illinois. Con i riferimenti ben piantati nella tradizione Ryley Walker riusciva a stupire grazie ad uno stile chitarristico che faceva tesoro delle influenze virtuosistiche di John Fahey e Robbie Basho combinandole con un forte carattere emozionale, accostabile tanto a Nick Drake quanto a Tim Buckley. Con “Primrose Green” dell’anno successivo, la scrittura prendeva una direzione più dilatata, molto prossima al John Martyn di “Solid Air”, confermando Ryley Walker come uno dei più talentuosi e credibili cantautori in circolazione. Ora arriva “Golden Sings That Have Been Sung” a proseguire il viaggio che porterà finalmente il nostro ad affrancarsi da paragoni ingombranti, ritagliandosi di diritto invece un posto al loro fianco.

Il flauto in apertura di The Halfwit in Me spalanca le porte a una musica senza tempo, che non risponde alla logica della forma canzone tradizionale, ma anzi ci conduce verso soluzioni inaspettate e surreali, tra chitarre acide a punteggiare il serrato arpeggio acustico. L’elettricità che ricopre la ritmica percussiva di A Choir Apart è il terreno accidentato sul quale appoggiare la liquida ballata Funny Thing She Said, sottolineata da un piano acustico. L’ipnotica reiterazione di Sullen Mind o la grazia acustica di I Will Ask you Twice sono la luce e l’ombra della sua personalità, una non prevale mai sull’altra, compenetrandosi a vicenda. The Roundabout e The Great and Undecided possiedono il carattere onirico della West Coast di David Crosby e del suo inarrivabile capolavoro “If I Could Remember My Name”, così come gli oltre otto minuti della psichedelica Age Old Tale, perfetto finale di un disco bellissimo e imperdibile.

 
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